La seduta è realizzata con i resti di produzione delle pietre coti, che provengono da una raccolta personale di Marcella Ligato, imprenditrice di pietre coti ed erede di una delle industrie più importanti del territorio, fondata dal nonno Edoardo Gavazzi. Il materiale è stato donato, grazie anche alla collaborazione con l’Associazione culturale “La Pradalunga” di Pradalunga (BG), e i contributi di Acerbis Italia S.p.a, Buena Suerte S.a.s, Eurozeta S.r.l.u, La Bambolina S.a.s, Nicoli Trasporti Spedizioni S.p.a, Persico Group S.pa e Sitip S.pa Industrie Tessili, e con il patrocinio del Comune di Albino.
L’installazione avrà luogo il 26 gennaio 2025 dopo la celebrazione eucaristica delle 10.30, su suolo comunale alla presenza del sindaco Daniele Esposito che dichiara: “L’intero Consiglio Comunale ha accolto con entusiasmo la proposta di installare una panchina artistica in memoria di Don Berto, illustre albinese. Con la sua fede e la sua passione, Don Berto ha svolto un servizio straordinario a favore dei più deboli in Bolivia, lasciando un segno indelebile in quella terra. La panchina sarà collocata nella piazza a lui dedicata alcuni anni fa, un luogo simbolico che perpetuerà il ricordo del suo impegno e della sua missione. Un grazie sincero a coloro che hanno reso possibile questa importante realizzazione”.
Presenzieranno anche il parroco don Gianluca Colpani, don Daniele Belotti che benedirà l’opera, e il Consigliere Ubaldo Colleoni.
«Alla vigilia del 20° anniversario della sua morte si è deciso di installare nella piazza una panchina che ricordasse il nostro missionario, che riprendesse i temi dell’accoglienza e dell’abbraccio e il suo essere seme e capacità di far rifiorire i nostri cuori e il cuore del mondo intero che sembra spesso esser divenuto duro come pietra» riferisce don Daniele Belotti, parroco di Vall’Alta sino a un anno fa, ricordando come nel 2007 era stato coniato lo slogan «Don Berto seme per la nostra terra» nell’occasione dell’estumulazione della sua salma che, dopo due anni nel cimitero di Vall’Alta, è stata trasferita in Bolivia, per essere custodita nel santuario di Melga.
«È stato per me un onore e insieme una sfida, interpretare con il mio lavoro il ricordo di una vita straordinaria – dichiara Luca Gnizio, autore dell’opera -. Un’emozione unica scoprire, giorno dopo giorno, negli studi necessari alla sua realizzazione, la storia di questo sacerdote che ha dedicato tutto sé stesso agli altri. Cercare nuove linee, proporre letture inedite per materiali antichi, ma soprattutto restare fedele al messaggio di don Berto. Spero, davvero, di esserci riuscito».
L’idea di un’opera artistica era nata già prima della pandemia, ma, dopo alcuni ritardi, si è concretizzata solo quest’anno. La sua realizzazione è stata commissionata all’artista Luca Gnizio, «proprio perché si è individuata, nel suo lavoro artistico, una sensibilità che si avvicina molto al caro don Berto, per la sua attenzione decennale all’ecologia e al suo operare coinvolgendo cooperative e individui che spesso, a motivo della loro fragilità, sono considerati “scarto” nella società» prosegue don Belotti, che spiega come «l’artista con maestria ricicla e ridona vita allo scarto proprio aiutato dai più deboli, stimolando in loro la capacità artistica e relazionale».
La storia del progetto
“Don Berto Seme per la nostra terra”. Con questo slogan la comunità parrocchiale, nell’autunno 2007, salutava la salma del suo caro Mons. Roberto Nicoli che partiva per la terra di Bolivia, per riposare per sempre nel santuario di Melga, dopo aver dimorato per un breve periodo (dal giugno 2005) nel piccolo cimitero locale.
“Seme”, era stato definito, perché il suo rimanere sepolto in paese, anche per poco tempo, e il suo successivo ripartire per Melga, dava la possibilità di ripensare alla bellezza della sua vita che fu un abbraccio al mondo intero, a ognuno, e ai più fragili in modo particolare.
Alla vigilia del ventesimo anniversario dalla morte si è deciso di installare nella piazza, a lui dedicata, un’opera che ricordasse il missionario, che riprendesse i temi dell’accoglienza e dell’abbraccio e appunto, il suo essere “seme”.
Il disegno: “tutto per amore”
Il disegno dell’opera si propone di veicolare i valori che don Berto ha incarnato nella sua esperienza missionaria: la seduta semicircolare esprime il senso dell’accoglienza, si ispira al suo motto “tutto per amore”.
La Croce che germina sulla parete avvolgente, con la forza del seme che rompe la pietra, è simbolo della potenza della Parola e dell’Amore di Gesù capaci di trasformare la durezza della vita di coloro che ne ricevono testimonianza.
La Pietra Cote, pietra locale estratta dalla cava della Valotella, ci rammenta come questa prima testimonianza venne fatta da don Berto a noi suoi concittadini per poi propagarsi nel mondo intero.
Il materiale: la pietra cote
Sulla scelta dell’utilizzo del materiale, don Belotti specifica: “Dopo aver fatto la conoscenza della sig.ra Marcella Ligato e messa al corrente di questo progetto, la stessa ha espresso il desiderio di donare pietre coti provenienti dalla sua raccolta personale; le ho mostrate all’Ecosocial Artist e gli ho chiesto di utilizzare queste pietre della nostra zona, ben finite e pronte per il mercato, insieme ad altre grezze e semilavorate. Questo per non perdere memoria di tanto impegno e lavoro protratto addirittura nei secoli. Quindi con l’Associazione Culturale “La Pradalunga”, di cui la signora è anche una dei soci fondatori, si è voluto perpetuarne il ricordo con la donazione di una buona parte di questo materiale prezioso, dando la possibilità alla pietra stessa di vivere una rinascita”.
“Nella scelta dei materiali- aggiunge la dott.ssa Maura Cassanelli, Vicepresidente e portavoce dell’Associazione culturale “La Pradalunga” - è stato prediletto un elemento locale, quale la pietra cote della cava in località “Valotella”. Le pietre dell’opera sono pietre coti, pietre locali provenienti da una vasta area che attraversa da est a ovest tutta la provincia di Bergamo da Calolzio a Palazzago, a Pontida, a Gavarno fino ai Monti di Grone, a Foresto Sparso e a Sarnico, ma l’area delle cave più importante e nota storicamente per la produzione di coti risalente fin dall’epoca romana è quella del Monte Misma, come testimonia anche Plinio il Vecchio nei suoi scritti, Pradalunga (località “Sbardellata”), la Bassa Valle Seriana, mentre le pietre utilizzate per quest’opera artistica provengono da Abbazia di Albino (località “Valotella” da cui prende il nome questa pietra, ove è stata cavata fino al 1975 e rimasta attiva per circa un ventennio).
La pietra cote a prima vista è una pietra comune, grigia, a grana fine, ruvida al tatto, con una
strana forma affusolata, ma basta strofinarla su una lama metallica per conoscere il segreto che racchiude. Grazie infatti alla sua composizione unica dovuta all’eccezionale origine geologica che risale a milioni di anni fa, un’equilibrata mescolanza di minerale “duro” derivante dai resti di organismi a scheletro silicio e di un minerale “tenero” cementante, consente una perfetta affilatura delle lame degli utensili da taglio e le ha garantito di divenire famosa in tutto il mondo.
Per secoli l’escavazione, la produzione e la commercializzazione delle pietre coti hanno costituito attività primarie della zona, tanto importati da suscitare fino ai giorni nostri un interesse vivo da parte di ricercatori, documentaristi ed esperti. Cambiamenti sociali, culturali ed innovazioni tecnologiche non hanno impedito alla pietra cote di continuare a esercitare le sue potenzialità e di essere conosciuta e utilizzata in tutto il mondo, fino ai giorni nostri, con il suo orgoglioso marchio di origine.
Toccare e osservare questi pezzi di pietra equivale a leggere e rivivere pezzi di storia e scene di vita di lavoratori, lavoratrici e imprenditori legati alla ricchezza di questa tipica e secolare
Produzione, diventano testimonianze per le nuove generazioni, abbracciate da
questa storia locale che unisce un passato ormai lontano a un presente con prospettive per
l’avvenire”.
Luca Gnizio biografia
Gnizio, classe 1981, diploma artistico e laurea in disegno industriale, ha creato nel 2009 una nuova figura professionale l’ecosocial artist. Da oltre 10 anni trasforma lo scarto in opportunità ecologica e sociale, secondo il principio delle tre RRR, ossia Reduce, Reuse, Recycle. Riciclo quindi, ma anche nuova opportunità.
«Ogni volta cerco di mettere in atto un’azione creativa in grado di sdoganare l’idea che il materiale di scarto restituisca prodotti di minor valore – commenta Gnizio -. Al contrario, gli scarti possono diventare bellezza e funzionalità. Non solo opere d’arte ma nuovi brevetti e innovazioni ecologiche».
Infatti, grazie alla sua formazione artistico/tecnica unita alla sensibilità per l’ambiente, Gnizio ha dato vita, attraverso le sue opere, a un innovativo filone artistico, l’Ecosocial artist che vanta particolare attenzione agli aspetti ecologici e sociali e si nutre degli scarti di produzione delle aziende. Alla base uno studio meticoloso sui materiali e una ricerca continua di innovazione.
Alcuni esempi.
Per Levi’s ha coinvolto 300 negozi e associazioni di ragazzi diversamente abili, ma anche detenuti e disoccupati. Dal negozio sono stati raccolti jeans usati per trasformarli in nuovi prodotti di design, ma anche in nuovi corsi di sartoria, corsi scolastici/artistici etc.
Cosmave ha invece coinvolto più di 80 aziende, tutte legate alla lavorazione del marmo, e di nuovo associazioni sociali. Infine, vanno ricordate le sinergie di riciclo per BMW e SGL Carbon Group che hanno dato vita a due brevetti ecologici dell’artista.
FORSOUL - Cristallo con all’interno per la prima volta un vero tessuto (riciclo della fibra di carbonio), oggi in esposizione permanente nel prestigioso Museo del Vetro di Murano.
FORBLACKLIGHT – Primo tessuto idrorepellente ottenuto con il riciclo di carbonio che diventa trasparente. È valso all’artista il premio per le “eccellenze della Lombardia 2019” ed è entrato nella prestigiosa selezione di Adi Design Index 2019.
Da maggio 2018 Gnizio è presente nel museo del Vittoriale degli Italiani, con DannunziEco: l’impuro dannunziano. Un’opera provocatoria realizzata riciclando gli scarti di carta sporca, quindi impura, ricavati dal restauro delle mura storiche del Vittoriale stesso.
È stato selezionato come unico contemporaneo del vetro nella mostra: Vitrum, al Museo Civico Pier Alessandro Garda di Ivrea, da gennaio 2021 per tre anni in circuitazione all’estero attraverso la rete diplomatico-consolare e degli Istituti Italiani di Cultura con la mostra 3CODESIGN, indetta dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale, a cura di Silvana Annicchiarico.
Luca Gnizio è tra le 9 eccellenze italiane selezionate dal Commissario Generale di EXPO Dubai per il suo approccio ecologico e quindi invitato a raccontare la sua attività all’interno del padiglione Italia.
Nel 2023 crea FORLIFE per la Camera di Commercio di Brescia e Fiera Futura, come simbolo di Bergamo-Brescia capitale della cultura. Un albero maestoso, vivo ma sospeso nel vuoto in una struttura cubica divisa in 21 parti, ognuna predisposta ad accogliere gli scarti delle aziende rielaborati creativamente grazie al coinvolgimento sociale. FORLIFE, è uno dei primi esempi al mondo di arte proattiva e di grande coinvolgimento tra il tessuto produttivo aziendale e il mondo sociale. Forlife non è solo aiuto sociale ed ecologico, ma sorprende il visitatore per un fatto spettacolare: la vista di un ulivo di 450 anni a 6 metri di altezza che vive senza terra. È appunto "l'abbraccio" tra la comunità e le attività produttive a tenerlo in vita senza terra. Si tratta del primo esempio di "manifesto artistico" dove non solo l'arte aiuta l'ecologia e la comunità, ma diviene anche nuovo luogo di attività culturali (mostre, presentazioni aziendali, etc)